Le mappe in movimento. Come gira il mondo fra crisi, migrazioni e guerre

Mappe del mondo in movimentodi Maria Teresa Giannini (Master in giornalismo “Giorgio Bocca” Torino)

Ogni dettaglio, nella Sala dei Mappamondi all’Accademia delle Scienze, sembra comunicare l’amore per la cultura. Non è affatto usuale poter ammirare quella distesa di libri dall’odore antico, le volte affrescate e i due globi terrestri del 600 donati da Vincenzo Coronelli, ma in occasione di Biennale Democrazia l’apertura al pubblico diventa realtà. Qui infatti due “narratori di eccezione”, Laura Canali e Rosario Aitala, spiegano i cambiamenti geopolitici dell’attualità in un incontro organizzato dalla rivista Limes, media partner di Biennale.

“Il Mediterraneo accentra sempre più le tensioni politiche e militari dal Vicino oriente, oltre che quelle economiche fra membri dell’Unione Europea”, esordisce Canali, autrice di quelle inconfondibili e utilissime mappe che arricchiscono le pagine della rivista.  “L’Italia è nel pieno centro di tutto questo e vive un momento molto difficile, con l’aggravante della crisi e della fuga di capitali. Anche la conformazione delle mafie è cambiata: queste, intese non classicamente ma come organizzazioni affaristiche criminali, costituiscono una sorta di grande melassa con il potere pubblico e i privati, che non riguarda più soltanto il Sud ma tutto il paese. Non si tratta di un germe inoculato in terre immuni, ma della saldatura di un legame fra gli interessi di alcuni con quelli della criminalità”. L’incontro si era aperto con la lettura dell’editoriale scritto il 3 marzo da Lucio Caracciolo, in cui il direttore della rivista rifletteva sulla paura occidentale e sulla stereotipizzazione dei migranti: moltissime persone scappano dalla Siria o dall’Iraq e sarebbe opportuno che il nostro paese non si facesse più trovare impreparato, accogliendoli in modo dignitoso.

Rosario Aitala, magistrato con una lunga esperienza in territori difficili come i Balcani e l’Afghanistan, dopo aver toccato il tema dell’accoglienza non proprio impeccabile dell’Italia, si concentra su natura e strategie espansive dell’Isis. Il Califfato non distruggerà mai Roma: non vedremo alcuna nave con la sua bandiera abbordare le nostre coste, né alcuna mezzaluna rimpiazzare la croce su San Pietro”. Secondo Aitala uno degli argini al reclutamento di terroristi islamici è l’inclusione sociale: “Dovremmo concepire in modo diverso le seconde generazioni e forse riusciremmo ad evitare il ripetersi dei tragici fatti di Charlie Hebdo.” Inclusione quindi, ma prima ancora comprensione scevra di pregiudizi di quanto sta accadendo nelle diverse aree del Medio Oriente e del Maghreb. La Libia, con cui l’Italia aveva firmato gli accordi per fermare le partenze dei migranti, è ormai uno Stato fallito, dove non esiste più un’autorità centrale in grado di mediare fra le diverse tribù. Nel frattempo L’Isis (Stato islamico di Siria e Iraq) viene fronteggiato dai peshmergà kurdi e dai pasdaram dell’Iran, che cercano in ogni modo di allontanare il Califfato sia dai pozzi petroliferi, dove rubano ed esportano clandestinamente idrocarburi, sia dalle dighe, come quelle di Hatita e Mosul. Per la prima volta si assiste alla vocazione di una corrente minoritaria del sunnismo mediorientale di diventare uno Stato.

L’occidente però non sembra prendersi a sufficienza le proprie responsabilità. “L’Isis finge di distruggere per intero i grandi reperti archeologici della Mesopotamia – rivela Aitala – in realtà ne vende una parte a quei trafficanti colti e capaci di apprezzare il valore delle opere d’arte, che sono per la maggior parte occidentali: ciò contribuisce a foraggiare le attività dei terroristi.” Anche la propaganda, curata in maniera maniacale e quasi holliwoodiana, si avvale di modelli  occidentali: i guerriglieri sono prevalentemente giovani, addestrati a ricalcare i personaggi di videogiochi europei o americani. Perfino gli ostaggi, quando vengono giustiziati, vestono come i prigionieri di Guantanamo. Quella che abbiamo sotto gli occhi non è una guerra principalmente contro i cristiani, ma una guerra fratricida di sciiti contro sunniti. In questo l’Isis si rivela molto diverso da Al Quaeda, che mirava a colpire il nemico lontano e di diverso credo religioso: lo Stato islamico, infatti, ha come principale nemico i paesi complici dell’Occidente, come l’Arabia Saudita (storica alleata degli States), ritenuti complici della dissoluzione morale e dei costumi nell’Islam radicale. “Naturalmente è un’interpretazione traviata della fede. Si pensi che per indurre un ragazzo a diventare un kamikaze si inculca in lui un così profondo senso di colpa, anche nei confronti della propria famiglia, che senta forte il senso dell’ingiustizia e sia portato all’autoannientamento”.

Nella regione dove l’Isis ha attecchito con maggior presa e dove redistribuiva a pochi il reddito sottratto a molti, qualcosa adesso sta timidamente cambiando. Lo stipendio mensile di un guerrigliero, che si aggira fra i 90 e i 450 dollari, non basta più ora che quelle aree si ritrovano prive di acqua ed elettricità. Tuttavia, anche le rotte migratorie stanno volgendo su altre vie: al momento quella più comune parte dal Golfo di Guinea e, attraversando il Mali, giunge ai confini meridionali dell’Algeria, dove risale fino al Marocco. Da lì giunge poi alle enclave spagnole di Ceduta e Melilla, entrando quindi in Europa, con il suo immane carico di fatica e dolore umano. Da parte loro, i mezzi di comunicazione orientali lamentano la partigianeria degli occidentali, come ben esprimono le parole finali di Aitala: “Dovremmo leggere o ascoltare la loro versione dei fatti. Sono le narrazioni a formare la nostra opinione, perciò sarebbe utile abituarci a mettere in pratica il pluralismo e la democrazia che tanto cerchiamo di esportare. Certo, questo richiede tempi e modalità lunghe e non semplici, ma relegare chi parla da altre parti del mondo e da altre culture a un ruolo di nicchia, o di peggio di povero ignorante, senza riconoscergli l’importanza che merita, impedisce di coglierne le argomentazioni e può solo esacerbare una situazione già abbastanza difficile”.

PRENOTAZIONI UNIVERSITARIE
L'Università di Torino, in collaborazione con Biennale Democrazia, ha stipulato un accordo per consentire la partecipazione alla quarta edizione, istituendo per gli studenti dei propri corsi di studio dei percorsi riservati.
IL TEMA 2015
Il tema della quarta edizione di Biennale Democrazia – che si svolgerà a Torino dal 25 al 29 marzo 2015 - é Passaggi. Passaggi che possono fungere da collegamento fra due luoghi separati da un confine, un muro o una barriera - fisica, mentale o virtuale - ma che possono anche designare delle svolte, delle soglie al di là delle quali il mondo e la percezione che ne abbiamo muta, come accade per le fasi della vita degli individui o per le epoche storiche.
GIOVANI E SCUOLE
Anche quest'anno, Biennale Democrazia offre agli studenti del triennio delle scuole superiori la possibilità di partecipare agli incontri della manifestazione. E' possibile fare richiesta di prenotazione dal 9 marzo alle ore 12 del 16 marzo, inviando una mail al seguente indirizzo scuole.bd@comune.torino.it, indicando: il titolo degli incontri desiderati, la classe, l'istituto, i recapiti telefonici e e-mail dell'insegnante, totale dei partecipanti.
ARCHIVIO MULTIMEDIALE
Oltre 200 ore di grandi lezioni, dialoghi, letture di classici e dibattiti che hanno avuto luogo nelle scorse edizioni di Biennale Democrazia sono adesso disponibili online.