Riti di passaggio nel videogioco contemporaneo
di Sabrina Colandrea (Master in giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino)
Davanti a una platea nutrita di giovani e meno giovani, si è svolto l’incontro “Riti di passaggio nel videogioco contemporaneo”, tenuto da Alessandra Contin, scrittrice, giornalista ed esperta di game studies, assieme a Paola Bertetti, docente di Semiotica dell’audiovisivo presso l’Università di Siena, Silvia Casolari, direttrice del Museo del Fantastico di Torino, e Federico Ercole, giornalista ed esperto di videogiochi.
Gli interventi dei relatori sono stati intervallati da proiezioni di estratti di videogiochi, come il recente “The last of us”, in cui è facile rivedere uno degli autori più importanti della fantascienza letteraria, il Richard Matheson di “Io sono leggenda”, o come la piccola produzione indipendente, dalla grafica evocativa, “Child of light”, che descrive il passaggio dalla fanciullezza alla maturità della principessa Aurora.
Fin dal “Castello di Otranto” di Horace Walpole, nella cui seconda pagina compariva un elmo “grande come Mazinga”, il fruitore del genere fantasy deve volontariamente sospendere la propria attività critica (in Semiotica si parla di “sospensione dell’incredulità”) per poter godere a pieno dei contenuti dell’opera.
Tutti conoscono il “Frankenstein” di Mary Shelley, i romanzi di Philip K. Dick o “Star Trek”. Molte meno persone possono dire di conoscere i videogiochi di ultimissima generazione. Ma è proprio il videogioco che, grazie alla computer grafica, ha la possibilità, che mancava al romanzo o al film, di raccontare il mondo fantastico, realizzando il sogno utopico di rappresentare l’irrappresentabile.
Un ulteriore elemento di interesse offerto dal videogioco è l’interattività. Per quanto cinema e videogioco, infatti, vivano una sorta di affinità elettiva, soltanto il secondo offre la possibilità al fruitore di passeggiare, per esempio, all’interno di un paesaggio metropolitano.
Nella struttura intrinseca di ogni videogioco c’è almeno un “rito di passaggio”, che ricorda da vicino quello proprio del romanzo di formazione. Anche nel videogioco il personaggio principale si trova ad affrontare un momento di crescita, spesso doloroso. Dal canto suo, il giocatore, per andare avanti, deve imparare le regole di quel mondo assieme al protagonista, superando livelli sempre più difficili e, in un certo senso, crescendo a sua volta.
Un’interessante questione sollevata dagli esperti ha riguardato poi la natura del videogioco, che può essere considerato un medium – a sua volta – di passaggio, la tappa conclusiva di un percorso secolare che ha origine nella letteratura, nel cinema e nel fumetto.
Bruce Sterling, teorico del cyberpunk e curatore della prima antologia del genere, all’inizio degli anni Ottanta prendeva le proprie tematiche dal mondo videoludico. A sua volta, in certe trame cyberpunk è facile riconoscere elementi che torneranno molto dopo in “Second Life”. Probabilmente il videogioco è il mezzo più adatto a raccontare il fantastico, ma la commistione fra i generi può ancora dar vita a esiti felici.