La transizione tra storia e politica all’Accademia delle Scienze

di Tommaso Portaluri

Che cosa si intende per transizione storica e come avviene il passaggio da un’epoca politica a un’altra? Parlare di transizione storica e politica in Italia è come parlare di indipendenza in Catalogna o di pace in medio Oriente: un discorrere di circostanze a lungo desiderate e speranze a lungo coltivate, rivelatesi infine chimere irraggiungibili.

A tentare questa ardua impresa, però, ieri nella splendida Sala dei Mappamondi dell’Accademia delle Scienze, due professori di Storia contemporanea, Guido Crainz (Università di Teramo) e Paolo Pombeni (Università di Bologna) in un incontro dal coraggioso titolo “La transizione tra storia e politica”, moderato dal professor Pier Paolo Portinaro (Università di Torino).

Mentre il professor Pombeni ha tracciato una prospettiva più squisitamente storiografica, l’intervento del professor Crainz si è focalizzato principalmente sulla vicenda repubblicana, italiana ed europea; una voce sulla Storia e una voce nella Storia, che hanno offerto ognuna preziosi strumenti per decifrare l’altra.

La transizione come crisi, la nostra crisi come transizione

“La transizione è una crisi, uno choc” ha esordito il professor Pombeni, uno choc anzitutto culturale ma che coinvolge tutta la società, con le sue istituzioni e i suoi paradigmi. La crisi, ovvero la transizione, che stiamo vivendo oggi è la crisi della civiltà occidentale. Per il professor Pombeni l’identità occidentale si impernia su tre cardini portanti: (i) il cristianesimo, inteso come centralità dell’individuo; (ii) il capitalismo, con particolare riferimento all’aspetto creativo – quasi creazionista – dell’economia: il denaro genera altro denaro; lo stato di diritto, nel binomio legalità-legittimità così come proposto da Max Weber.

L’individuo è ancora il centro della società? Iniziamo a dubitarne, e ne dubitiamo, quando ci chiediamo, ad esempio, se l’economia sia ancora nelle mani dei singoli (“O piuttosto dei fondi sovrani?”, chiede provocatoriamente Pombeni), non senza dimenticare però le contraddizioni da più parti denunciate del capitalismo e le dilaganti profezie di dissoluzione. Vi è poi un problema sentito e generalizzato di legittimità, che riguarda anzitutto le istituzioni ma che non si limita alla contestazione del Parlamento o delle sentenze, ma si insinua capillarmente nelle fondamenta democratiche e nella complessa dialettica maggioranza vs. minoranza.

Esame di coscienza civile

Nonostante la transizione sia più spesso una rottura che un semplice passaggio, esistono anche crisi invisibili, per decenni asintomatiche ma comunque inarrestabili nel loro progressivo logoramento. Analogamente, però, si danno cambi di paradigmi solo apparenti. Detto in termini ancora più espliciti, si assiste talvolta a una riscrittura che mantiene inalterato lo spirito, alla distruzione di un palazzo dalle fondamenta cui segue una costruzione nuova, edificata però con gli stessi mattoni.

Non è difficile ravvisare nella storia Italiana periodi di crisi e transizione. Due, in particolare, sono oggetto dell’intervento del professor Crainz, in un audace parallelismo tra gli anni 1943-1946 e 1992-1994. Almeno uno, insiste Crainz, è il punto in comune tra le due transizioni: è mancato un esame di coscienza civile sulle crisi che li hanno segnati. Oggi è certamente semplice sposare questa posizione, eppure ci sono stati intellettuali che già nel 1945 e nel 1992 hanno dichiarato “non è tutta colpa di Mussolini”, “non è tutta colpa del Palazzo”, rifiutando l’idea di una società civile migliore della politica che aveva espresso o a cui aveva, con diversi stadi di complicità, consentito di esprimersi.

Quale scenario per il futuro?

Se la transizione è evidente, la destinazione verso cui ci si dirige non è del tutto chiara. Ma nell’imperscrutabilità dell’orizzonte, ci sono almeno due indizi che si riescono a intravedere: la scomparsa (non necessariamente in senso emancipatorio) del paradigma familiare come condizione per “essere in società”; il ritorno delle religioni e della sacralità religiosa, ovvero quel complesso processo che abbiamo iniziato a chiamare “desecolarizzazione”.

Sono imprevedibili gli esiti di questa battaglia combattuta sottopelle dall’uomo contemporaneo, che pur ravvisando ancora nel capitalismo e nei suoi ideali la via da percorrere nel perseguire i propri obiettivi non ricusa più di metterlo in discussione. La progressiva erosione dei pilastri costitutivi della società occidentale non sembra arrestarsi. In questo navigare a vista, sarebbe di primaria importanza tenere a mente che la transizione non è un diletto di interesse squisitamente storiografico per mandare in sollucchero storici contemporanei e futuri, ma precisamente quello che viviamo tutti i giorni, l’ingrediente principe della nostra quotidianità.

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Il tema della quarta edizione di Biennale Democrazia – che si svolgerà a Torino dal 25 al 29 marzo 2015 - é Passaggi. Passaggi che possono fungere da collegamento fra due luoghi separati da un confine, un muro o una barriera - fisica, mentale o virtuale - ma che possono anche designare delle svolte, delle soglie al di là delle quali il mondo e la percezione che ne abbiamo muta, come accade per le fasi della vita degli individui o per le epoche storiche.
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