“Occupy central with love and peace”, Benny Tai da Hong Kong alla Biennale

Occupy Central with love and peacedi Gianluca Palma (Master in giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino)

Settantanove giorni di occupazione per chiedere democrazia. Le strade del centro di Hong Kong e di altri due quartieri invase spontaneamente da decine di migliaia di persone, soprannominate “umbrella movement”, perché si proteggevano dai lacrimogeni con gli ombrelli. Un popolo che, seguendo le “regole” della disobbedienza civile, ha protestato contro il governo di Pechino, contrario a concedere il voto vero, libero e democratico. “Non credevamo di riuscire a manifestare per così tanto tempo, all’inizio avevamo pensato di fare quattro, cinque giorni di occupazione e invece siamo rimasti in piazza per più di due mesi, una grande dimostrazione di cittadinanza attiva”.

Ieri al Teatro Regio, uno degli appuntamenti di Biennale Democrazia, ha ospitato Benny Tai, docente di Giurisprudenza all’Università di Hong Kong e “ideatore” di “Occupy Central with love and peace”, al tavolo insieme al direttore de La Stampa, Mario Calabresi e allo studioso di crimine internazionale, Federico Varese.

Così il professor Tai, davanti a una numerosa platea, ha raccontato l’impresa della grande “occupazione per la democrazia” che, dal 28 settembre 2014, ha bloccato Admiralty, la zona più ricca della città, nelle vicinanze del palazzo del governo.

“Secondo la nostra Costituzione ‘Basic Law’ – ha spiegato il professore – i cittadini sono costretti a votare i candidati al Parlamento, nominati dal capo del governo, definito “chief executive’ proprio come un capo d’azienda. Quindi un voto non democratico, che impedisce di eleggere persone sgradite a Pechino”.

“Così a gennaio 2013, venti mesi prima dell’occupazione, scrissi un articolo in cui sostenevo l’idea che diecimila persone avrebbero dovuto occupare pacificamente le strade, di fronte a un governo sordo alle richieste di elezioni libere e democratiche. Ma non era una chiamata alle armi”. “Eppure – ha continuato – quell’articolo ha trovato l’interesse di tanti cittadini e associazioni che erano d’accordo a muoversi per farci ascoltare dal governo”.

Da allora per diversi mesi si sono tenuti i “deliberative meetings”, incontri dove i cittadini si riunivano e discutevano su come organizzare la protesta. Da quelle assemblee è scaturita la proposta delle ‘citizen nominations’, secondo cui i cittadini avrebbero potuto scegliere i candidati che, se avessero raggiunto le firme necessarie, avrebbero potuto candidarsi. Ma Pechino rifiutò.

“E così abbiamo deciso che il primo ottobre, giorno di festa nazionale, saremmo scesi in piazza, nel centro di Hong Kong, per fare un’occupazione di quattro giorni. Il 28 settembre, però, un gruppo di giovani ha tentato di accedere ai palazzi del governo, la polizia ha sbarrato la strada ed è accorsa così tanta gente, migliaia di persone, che è iniziata in anticipo e spontaneamente l’occupazione”.

“A portare avanti la protesta erano persone di tutte le età, trainate dai ragazzi delle scuole e delle università. Tutti insieme abbiamo resistito anche alle aggressioni delle forze dell’ordine che invano tentavano di sgomberare la piazza”.

“Sono intervenute anche le mafie, le Triadi, assoldate dal governo per usare violenza sui manifestanti – ha precisato Tai -. Una sera mi ha fermato un signore, membro della mafia, e mi ha detto: ‘Professore devo confessarle una cosa, i boss mi hanno offerto denaro per picchiare i manifestanti, ma io mi sono rifiutato perché sto dalla vostra parte’”. “Le mafie in Cina hanno un debito con il governo che gli concede appalti e favori”, ha ribadito Tai.

Federico Varese che è stato a Hong Kong per studiare da vicino il movimento ha portato la sua testimonianza: “Vi assicuro che ancora mi emoziono a pensare a quel movimento. Sono andato a Hong Kong a fine ottobre con una mia ex studentessa che insegna lì all’università. Ho visto tantissimi, giovani e non, con le tende in strada e le icone di John Lennon e Hannah Arendt. E’ incredibile come tutte quelle persone abbiano resistito con tanta tenacia alle violenze della polizia e delle mafie”.

Ora, a cinque mesi da quella grande manifestazione di democrazia e di civiltà, si attende che il governo faccia la sua mossa. “Un terzo dei parlamentari sono dalla nostra parte – ha proseguito Tai – e per approvare la riforma elettorale ne servono due terzi, per cui stiamo facendo un grande lavoro per convincere un terzo più quattro di loro, altrimenti Pechino avrà vinto”.

Infine un aneddoto: “Pochi giorni fa centinaia di ragazzi sono tornati ad Admiralty e sono stati per 79 secondi in silenzio, per ricordare i giorni di occupazione. Alla fine una ragazza ha detto che era nostro dovere ricordare quella protesta e che dobbiamo continuare a batterci con ostinazione e con mezzi pacifici per ottenere, finalmente, la democrazia. Forse siamo dei sognatori, ma noi ci crediamo e andremo avanti. Proprio John Lennon cantava, ‘You may say, I’m a dreamer, but I’m not the only one’”.

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Il tema della quarta edizione di Biennale Democrazia – che si svolgerà a Torino dal 25 al 29 marzo 2015 - é Passaggi. Passaggi che possono fungere da collegamento fra due luoghi separati da un confine, un muro o una barriera - fisica, mentale o virtuale - ma che possono anche designare delle svolte, delle soglie al di là delle quali il mondo e la percezione che ne abbiamo muta, come accade per le fasi della vita degli individui o per le epoche storiche.
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