Storie di diritti (negati). Lo spettacolo teatrale sull’immigrazione

Storie di diritti (negati). Lo spettacolo teatrale sull’immigrazione

Gedadi Gianluca Palma (Master in giornalismo Giorgio Bocca di Torino)

Un viaggio nell’universo dei “viaggi della speranza”, dei diritti umani (negati), attraverso le storie di donne e di uomini che ogni settimana si avventurano, su imbarcazioni fatiscenti, tentando disperatamente di attraversare il Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore. 

Ieri sera, al Teatro Gobetti, il fitto programma di seminari, incontri e dibattiti di Biennale Democrazia, ha offerto lo spettacolo teatrale “Storie di diritti”, con Alessandra Ballerini, avvocato ed esperta di immigrazione, lo scrittore Fabio Geda e la partecipazione di Giorgio Li Calzi, alla tromba e live electronics.

I racconti di storie realmente accadute, di individui, esseri umani che nascondendosi nei camion, aggrappandosi sotto le automobili, nei modi più impensabili scappano dai Paesi di origine, da guerre e crisi, e giungono nel nostro Paese, dove però, vengono ingabbiati.

Fabio Geda racconta gli stereotipi della gente che riguardano i migranti: “Ho incontrato un gruppo di bambini e ho chiesto loro: ‘Secondo voi i migranti in Italia, quanti sono?’. ‘Troppi’, mi hanno risposto, ‘più della metà della nostra popolazione. Sono ovunque, Porta Palazzo ne è piena e poi si vestono in modo particolare’. Quando ho spiegato loro che in Italia sono solo l’8%, mi hanno guardato increduli e mi hanno detto: ‘Sì, ma in tv si parla sempre di loro’”.

Tra un racconto e un altro, mentre Li Calzi manda audio di urla di bambini disperati e delle onde del mare che risucchiano centinaia di corpi, Alessandra Ballerini interviene, dati alla mano, per sfatare i troppi luoghi comuni che denotano l’approccio molto superficiale delle persone su questo tema. “L’Italia è il quarto Paese per flussi migratori, ma allo stesso tempo anche noi italiani siamo popolo di migranti ed emigrati” – ha dichiarato -. Ricordo a tutti che la legge Bossi-Fini rende clandestini tutti questi individui disperati che raggiungono le nostre città e li ingabbia in strutture disumane, facendoli attendere anni e anni prima di poter solo pensare di conceder loro la cittadinanza. Mentre negli Stati Uniti Barack Obama ha riformato da poco la legge sull’immigrazione, che permetterà di riconoscere più di 5milioni di irregolari, in Italia  – conclude – ci preoccupiamo di difendere i confini, non le persone”. 

Comizi d’amore di ieri e di oggi

Comizi d’amore di ieri e di oggi
comizi d'amoredi Claretta Caroppo (www.digi.to.it)
Ieri sera al Teatro Carignano Antonio Damasco e Valentina Padovan del Teatro delle Forme di Torino hanno portato in scena uno spettacolo di teatro-inchiesta liberamente tratto dal documentario “Comizi D’Amore” di Pier Paolo Pasolini, a cui è seguito un dibattito con lo stesso Damasco e il linguista Tullio De Mauro.

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Le mappe in movimento. Come gira il mondo fra crisi, migrazioni e guerre

Le mappe in movimento. Come gira il mondo fra crisi, migrazioni e guerre

Mappe del mondo in movimentodi Maria Teresa Giannini (Master in giornalismo “Giorgio Bocca” Torino)

Ogni dettaglio, nella Sala dei Mappamondi all’Accademia delle Scienze, sembra comunicare l’amore per la cultura. Non è affatto usuale poter ammirare quella distesa di libri dall’odore antico, le volte affrescate e i due globi terrestri del 600 donati da Vincenzo Coronelli, ma in occasione di Biennale Democrazia l’apertura al pubblico diventa realtà. Qui infatti due “narratori di eccezione”, Laura Canali e Rosario Aitala, spiegano i cambiamenti geopolitici dell’attualità in un incontro organizzato dalla rivista Limes, media partner di Biennale.

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“Pasticci di Democrazia”: Pasquino, Carlassare e le riforme targate Renzi

“Pasticci di Democrazia”: Pasquino, Carlassare e le riforme targate Renzi
Passaggi di repubblica, passaggi di democraziadi Gianluca Palma (Master in giornalismo “Giorgio Bocca” Torino)
“Un Paese è governabile non solo grazie a una buona legge elettorale, ma se c’è il consenso sociale dei cittadini. Per questo oggi sono qui a parlare con voi, ma con il cuore a Roma alla manifestazione di Maurizio Landini”. Lapidario il commento della costituzionalista Lorenza Carlassare, intervenuta questa mattina al seminario “Passaggi di Repubblica e Passaggi di Democrazia”, al cui tavolo dei relatori erano presenti anche il politologo Gianfranco Pasquino e Marco Castelnuovo, giornalista de La Stampa, che moderava il dibattito. “Il governo dovrebbe ricordarsi di applicare l’articolo 3 della Costituzione, che promuove l’uguaglianza sostanziale dei cittadini, dando allo Stato il compito di rimuovere ogni ostacolo alla partecipazione di tutti i lavoratori alla vita politica, sociale ed economica del Paese”. Ciò che spaventa di più sia Pasquino che Carlassare sono le riforme in atto: da una parte quella della Costituzione che, sostengono, mira a stravolgere l’intero assetto istituzionale, e, dall’altra l’Italicum, la legge elettorale con la quale ritengono che si punti a creare un bipolarismo poco democratico, con premi di maggioranza ai partiti che non rappresentano, però,  la maggioranza della popolazione. L’Italicum prevede “un meccanismo assurdo – ha aggiunto Pasquino – perchè il premio si dà a qualsiasi partito che prenda la maggioranza dei voti, anche se ha ottenuto il 20-25%. Ciò è fatto apposta per regalare al Partito Democratico, che ora chiamano Partito della Nazione, la maggioranza in Parlamento”. “Allora bisogna chiedersi, i premi di maggioranza servono a inventarla quando quest’ultima nei fatti non c’è o a rinforzare quella esistente?”. Altro problema sono i capilista bloccati. “Un meccanismo – ha spiegato Carlassare – con cui si vuole assicurare il ‘posto’ in Parlamento a dei candidati che non verrebbero mai eletti in alcuni territori”. “Più che di Passaggi di Democrazia –hanno ribadito i relatori– nel caso di questo governo si tratta di Pasticci di Democrazia”. “E ci vuole una forte opposizione sociale – ha concluso la costituzionalista – per questo esprimo massima solidarietà alla manifestazione dei lavoratori metalmeccanici convocata oggi da Landini”.

Passaggi d’età e passaggi di genere

Passaggi d’età e passaggi di genere
passaggi d'etàdi Monica Merola (Master in giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino)
Eterosessuali, bisessuali, omosessuali, transgender, terzo sesso. Ma anche vecchiaia, paternità e democrazia. Questi termini spaventano ancora molto le società, che stanno vivendo una vera e propria fase di transizione.

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I Beatles maestri di economia. Federico Rampini presenta il suo libro “All you need is love”

I Beatles maestri di economia. Federico Rampini presenta il suo libro “All you need is love”

rampinidi Gianluca Palma (Master in giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino)

“Taxman”, “l’esattore delle tasse” o “Here comes the sun”, “sta arrivando la ripresa, te lo dico io, andrà tutto bene”, composti entrambi da George Harrison nella seconda metà degli anni Sessanta. Ma anche “When I’m 64”, “quando avrò sessantaquattro anni ti occuperai ancora di me”, cantata da Paul McCartney, che parla dell’impatto dell’invecchiamento generazionale sulle pensioni.

E’ così che i Beatles, la prima vera “start-up” musicale, “diventano” maestri di economia. Un’idea che definire geniale è poco e Federico Rampini, giornalista di punta di Repubblica, è riuscito a concretizzarla nel libro “All you need is Love  – L’economia spiegata con le canzoni dei Beatles”, che ha presentato ieri pomeriggio davanti a una nutrita platea al Circolo dei Lettori. 

“Non si può prescindere dalla conoscenza dell’economia – ha affermato -. Una ricerca Ocse ha dimostrato che l’Italia è tra i Paesi più ignoranti in economia, soprattutto tra i giovani c’è un elevato analfabetismo economico. E non capire l’economia comporta inevitabilmente scelte sbagliate, perché sceglierà sempre qualcun altro per noi”.

Da profondo conoscitore anche della materia “beatlesiana”, Rampini non ha risparmiato citazioni e aneddoti sulla storia dei “Favolosi 4” di Liverpool. All’inizio dell’incontro, vedendo i posti “riservati” in prima fila ha ricordato una battuta di John Lennon durante il concerto alla Royal Albert Hall di Londra: “Rivolgendosi alle persone che assistevano allo spettacolo dai loggioni in alto – ha raccontato Rampini – più economici rispetto alla platea, disse  ‘voi lassù potete applaudire, tutti gli altri facciano tintinnare i loro gioielli’, una stoccata neanche troppo velata alle autorità reali lì presenti, verso le quali nessuno dei quattro nutriva molta simpatia”.

Ed è stato questo il “La” con cui Rampini è partito collegando alcune delle loro canzoni con una materia tanto spinosa e complessa.

“Tutti e quattro erano figli dei sobborghi della Liverpool povera e operaia, erano favorevoli al libero mercato, ma contrari alle forti diseguaglianze. ‘Help!’, con  tanto di punto esclamativo, ne è la dimostrazione, una richiesta di aiuto allo Stato per sconfiggere la povertà, con forme di reddito minimo”. 

Nella loro genialità e anticipando i tempi “i Beatles, hanno parlato anche del tema della globalizzazione in ‘Across the Universe’, suonata tra l’altro con il sitar, strumento insolito per quei tempi, che lo stesso Harrison apprese da Ravi Shankar, durante un pellegrinaggio in India. Nuove culture, nuovi mondi, appunto”.

E per rimanere in tema di culture e integrazione, “C’è anche Get Back, pezzo di satira sulle politiche xenofobe di Enoch Powell, leader dell’estrema destra nazionalista che si scagliava contro i pakistani, ‘get beck to where you once belong’, tornate dove eravate prima, qui non vi vogliamo”. “E già, come vedete tutte canzoni molto attuali”, ha chiosato Rampini.

Dunque, componimenti che hanno scritto “contemporaneamente” la storia della musica e dell’economia. Si ma perché intitolare un libro che parla pur sempre di tassi di crescita e percentuali, con il titolo di “All you need is love”, una delle canzoni sull’amore e sulla pace, più belle di tutti i tempi? “Molti tecnocrati, o meglio, molti ‘Nowhere men’, per usare un altro celebre componimento beatlesiano, basano le loro teorie e politiche esclusivamente sul Pil, dentro al quale ci sono anche le armi e molti beni dannosi per la salute. Invece altri economisti si basano sullo Human Developement Index, che considera la qualità della vita, la qualità dell’istruzione e della salute, tutto ciò che riguarda da vicino gli individui”. 

Ed ecco la risposta: “Recentemente – ha concluso – ho chiesto ad Amartya Sen, premio nobel per l’economia nel 1998, docente di Harvard, tra i più impegnati nella lotta alle disuguaglianze, perché si continua a usare un indicatore come il Pil che non rispecchia la realtà. Lui mi ha risposto che un cambio così radicale comporterebbe includere veramente i cittadini nella vita democratica”. 

Così l’auspicio si Federico Rampini: “La strofa iniziale di ‘All you need is love’ recita ‘There’s nothing you can do that can’t be done’, ‘niente che tu puoi fare, non può essere fatto. Tutto è possibile, basta volerlo’”. 

Riti di passaggio nel videogioco contemporaneo

Riti di passaggio nel videogioco contemporaneo

Fotografia di Sabrina Colandrea

di Sabrina Colandrea (Master in giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino)

Davanti a una platea nutrita di giovani e meno giovani, si è svolto l’incontro “Riti di passaggio nel videogioco contemporaneo”, tenuto da Alessandra Contin, scrittrice, giornalista ed esperta di game studies, assieme a Paola Bertetti, docente di Semiotica dell’audiovisivo presso l’Università di Siena, Silvia Casolari, direttrice del Museo del Fantastico di Torino, e Federico Ercole, giornalista ed esperto di videogiochi. 

Gli interventi dei relatori sono stati intervallati da proiezioni di estratti di videogiochi, come il recente “The last of us”, in cui è facile rivedere uno degli autori più importanti della fantascienza letteraria, il Richard Matheson di “Io sono leggenda”, o come la piccola produzione indipendente, dalla grafica evocativa, “Child of light”, che descrive il passaggio dalla fanciullezza alla maturità della principessa Aurora.

Fin dal “Castello di Otranto” di Horace Walpole, nella cui seconda pagina compariva un elmo “grande come Mazinga”, il fruitore del genere fantasy deve volontariamente sospendere la propria attività critica (in Semiotica si parla di “sospensione dell’incredulità”) per poter godere a pieno dei contenuti dell’opera.

Tutti conoscono il “Frankenstein” di Mary Shelley, i romanzi di Philip K. Dick o “Star Trek”. Molte meno persone possono dire di conoscere i videogiochi di ultimissima generazione. Ma è proprio il videogioco che, grazie alla computer grafica, ha la possibilità, che mancava al romanzo o al film, di raccontare il mondo fantastico, realizzando il sogno utopico di rappresentare l’irrappresentabile. 

Un ulteriore elemento di interesse offerto dal videogioco è l’interattività. Per quanto cinema e videogioco, infatti, vivano una sorta di affinità elettiva, soltanto il secondo offre la possibilità al fruitore di passeggiare, per esempio, all’interno di un paesaggio metropolitano. 

Nella struttura intrinseca di ogni videogioco c’è almeno un “rito di passaggio”, che ricorda da vicino quello proprio del romanzo di formazione. Anche nel videogioco il personaggio principale si trova ad affrontare un momento di crescita, spesso doloroso. Dal canto suo, il giocatore, per andare avanti, deve imparare le regole di quel mondo assieme al protagonista, superando livelli sempre più difficili e, in un certo senso, crescendo a sua volta.

Un’interessante questione sollevata dagli esperti ha riguardato poi la natura del videogioco, che può essere considerato un medium – a sua volta – di passaggio, la tappa conclusiva di un percorso secolare che ha origine nella letteratura, nel cinema e nel fumetto. 

Bruce Sterling, teorico del cyberpunk e curatore della prima antologia del genere, all’inizio degli anni Ottanta prendeva le proprie tematiche dal mondo videoludico. A sua volta, in certe trame cyberpunk è facile riconoscere elementi che torneranno molto dopo in “Second Life”. Probabilmente il videogioco è il mezzo più adatto a raccontare il fantastico, ma la commistione fra i generi può ancora dar vita a esiti felici.

Il flash mob di BD, aspettando il leader della rivolta di Hong Kong

Il flash mob di BD, aspettando il leader della rivolta di Hong Kong

flashIl flash mob dei giovani di Biennale, organizzato da Acmos, in attesa di Benny Tai, professore di Diritto all’Università di Hong Kong leader della “rivoluzione degli ombrelli”, che domenica racconterà per BD il movimento di lotta sceso in strada per rivendicare una piena democrazia.

I ragazzi si sono riuniti davanti al Teatro Regio e hanno hanno aperto e chiuso gli ombrelli gialli – colore simbolo della rivolta, ma anche di Biennale – formando le iniziali della manifestazione.

Protagonista dell’“Umbrella revolution”, Benny Tai discuterà della sua esperienza davanti al pubblico di Biennale Democrazia domenica 29 marzo alle 18.30 al Teatro Regio, assieme al direttore de La Stampa Mario Calabresi e al giornalista Federico Varese. Un incontro da non perdere, con un personaggio che ha tentato con tutte le sue forze, mettendo a rischio la propria libertà, di cambiare il destino del suo Paese.

Guarda il video del flash mob

Fama e celebrità, il riscatto dell’insoddisfazione

Fama e celebrità, il riscatto dell’insoddisfazione

Fotografia di Fabio Miglio

di Claretta Caroppo (www.digi.to.it)

Lost in translation è un film del 2003 di Sofia Coppola con Scarlett Johansson e Bill Murray, che si conoscono per caso in Giappone; il titolo si riferisce a quei modi di dire specifici di una lingua e che perdono significato nella traduzione. 

Lost in transition, il ciclo di incontri curati dalla filosofa Simona Forti per Biennale Democrazia 2015, concerne, invece, tutto ciò che “si perde” in un passaggio (sociale, generazionale, temporale in generale). Ieri il primo appuntamento, all’Aula Magna della Cavallerizza Reale, che ha visto protagonista il filosofo Remo Bodei, docente a Los Angeles e precedentemente alla Normale di Pisa, in merito a una riflessione su fama e celebrità.

Parole che cambiano

Simona Forti introduce Bodei evidenziando come la filosofia debba ricavare spazio per la percezione del cambiamento e porsi interrogativi sullo status della contemporaneità. In questo senso – e da qui la scelta del titolo per il ciclo di incontri – è necessario che le parole che abbiamo ereditato dal passato e dalla classicità vengano modificate e ricontestualizzate perché possano raccontare il mondo che ci circonda. Per tale ragione, continua Simona Forti, “il vero gesto anticonvenzionale della filosofia consiste nel riscrivere e risignificare termini che un tempo rimandavano a grandi valori, ma che oggi ci suonano desueti”. 

Sono parole che rivelano ancora “un duplice conformismo” e vengono utilizzate nel ricordo di un passato glorioso e declinate per tentare di guarire i vizi dell’età contemporanea. Parole come fedeltà, rettitudine, fama. 

Fama

Remo Bodei apre il suo discorso con un’analisi sulla democrazia contemporanea, citando Bobbio in merito a quelle “promesse mancate della democrazia” per cui tale sistema di governo, pur avendo messo l’uno accanto all’altro individui liberi, ha creato al contempo distanza e incomunicabilità, al punto che tali individui ricercano nuove forme di socialità che rispondano al loro bisogno di esserci, di dire la propria, di rivendicare la propria esistenza. 

Mentre in passato i modelli erano pochi e durevoli (santi, eroi, sovrani) e una vita gloriosa rappresentava l’unica possibilità per l’individuo di sopravvivere alla morte nella memoria degli altri, di vivere eternamente nel ricordo, nell’età contemporanea qualcosa si è sbiadito fino a un décalage: il passaggio si è sviluppato dalla gloria alla fama e dalla fama alla celebrità. Quest’ultima, ambita talvolta in modo equivoco o oscuro, trova la sua caratterizzazione maggiore nel fatto di appartenere a individui senza particolari doti sociali o altre abilità specifiche, a coloro che Bodei definisce “eroi del tempo libero”: sportivi o star dello show business, personaggi prima che persone.

L’illusione della partecipazione

Nel mondo contemporaneo, prosegue Bodei, “sono cadute le pareti domestiche e la casa non è più un luogo sacro, ma tutto passa all’interno, attraverso la televisione e Internet soprattutto, e viene addomesticato”. L’illusione della partecipazione alla vita pubblica, politica, sociale attraverso il televoto, i commenti sui social network, il contagio emotivo per una disgrazia capitata a un personaggio famoso, nasce da una frustrazione. 

Bodei nota come la causa primaria della spasmodica ricerca della celebrità, di comparire, nasca infatti da «un deficit di elaborazione della cittadinanza», per cui si avverte la necessità di riscattare la propria insoddisfazione come cittadini e il proprio senso di solitudine nella società democratica attraverso forme di partecipazione e socialità da rotocalco. Si tratta quindi, di “una non consapevole, e implicitamente lodevole, necessità di elevazione da parte di individui liberi”, ma che si confrontano politicamente e socialmente con modelli che non sanno rispondere alle loro aspettative. 

In questo senso inseguire la celebrità, conclude Bodei, “appare come un surrogato della partecipazione alla vita politica” e dobbiamo porre a noi stessi la questione se e quanto possiamo accontentarci di una democrazia in cui, in parte, l’uomo non partecipa e vive di luce riflessa. 

Il mondo in casa. L’Europa e la sfida dell’immigrazione

toaldo

di Gianluca Palma (Master in giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino)

“Cercavamo braccia, sono arrivati uomini”. Ha esordito così, richiamando il titolo di un celebre libro di Max Frisch, Marco Impagliazzo, durante l’incontro dal titolo “Il mondo in casa. L’Europa e la sfida dell’immigrazione”, tenutosi ieri sera presso la Sala Intesa Sanpaolo, al quale hanno preso parte anche Mattia Toaldo, collaboratore della rivista Limes, e Paolo Naso, docente di Scienze Politiche alla Sapienza di Roma.

Professore di Storia contemporanea all’Università per Stranieri di Perugia e rappresentante della Comunità di Sant’Egidio, Impagliazzo ha spiegato come in Italia ci sia un “non-modello” di integrazione degli stranieri. “L’immigrazione un tempo non era un problema per il nostro Paese, lo è diventato per l’incapacità dei governi di legiferare efficacemente sul tema”. “L’integrazione  – ha proseguito – è avvenuta spontaneamente, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle famiglie. Basti pensare a quanti aiutanti domestici stranieri siano ormai parte integrante delle case degli italiani. Ma non solo, gli immigrati costituiscono un decimo della nostra forza lavoro, generano pil, sostengono le pensioni, sono consumatori, si fanno imprenditori. Sono un bene per l’intera economia. L’Italia ha bisogno dei migranti, tanto quanto loro hanno bisogno di noi”.

Naso, intervenuto anche in veste di rappresentante della federazione delle Chiese evangeliche d’Italia, ha sottolineato due aspetti importanti del fenomeno migratorio. “Le ultime ondate sono diverse da quelle precedenti. I migranti che si avventurano in viaggi della speranza, rischiando la vita mentre attraversano il Mediterraneo sui barconi, non vogliono fermarsi in Italia ma proseguire verso il nord Europa”. “Inoltre  – ha aggiunto – se ne stanno andando gli ‘skill workers’, gli immigrati più qualificati e questo è un male per il nostro Paese. Ciò nonostante – ha ribadito – c’è ancora chi cavalca l’onda della xenofobia facendone tema di attualità politica”. 

Tra le tante falle della legislazione italiana in materia di flussi migratori, i relatori hanno ricordato come sia arretrata la legge 91 del 1992 sulla cittadinanza, “per superare le polemiche su ‘ius soli’ e ‘ius sanguinis’ si dovrebbe prevedere almeno lo ‘ius culturae’, cioè dare la cittadinanza a tutti quei ragazzi stranieri che hanno frequentato un ciclo di istruzione nel nostro Paese”.

Toaldo, che lavora  a Londra presso lo European Council for Foreign Relations (“anch’io sono un immigrato”, ha evidenziato), ha tracciato il quadro dei flussi migratori in Libia, “paese di immigrazione, non solo di emigrazione. Ci sono tanti siriani, filippini, nigeriani che si recano li nonostante ci sia una guerra in corso”.

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PRENOTAZIONI UNIVERSITARIE
L'Università di Torino, in collaborazione con Biennale Democrazia, ha stipulato un accordo per consentire la partecipazione alla quarta edizione, istituendo per gli studenti dei propri corsi di studio dei percorsi riservati.
IL TEMA 2015
Il tema della quarta edizione di Biennale Democrazia – che si svolgerà a Torino dal 25 al 29 marzo 2015 - é Passaggi. Passaggi che possono fungere da collegamento fra due luoghi separati da un confine, un muro o una barriera - fisica, mentale o virtuale - ma che possono anche designare delle svolte, delle soglie al di là delle quali il mondo e la percezione che ne abbiamo muta, come accade per le fasi della vita degli individui o per le epoche storiche.
GIOVANI E SCUOLE
Anche quest'anno, Biennale Democrazia offre agli studenti del triennio delle scuole superiori la possibilità di partecipare agli incontri della manifestazione. E' possibile fare richiesta di prenotazione dal 9 marzo alle ore 12 del 16 marzo, inviando una mail al seguente indirizzo scuole.bd@comune.torino.it, indicando: il titolo degli incontri desiderati, la classe, l'istituto, i recapiti telefonici e e-mail dell'insegnante, totale dei partecipanti.
ARCHIVIO MULTIMEDIALE
Oltre 200 ore di grandi lezioni, dialoghi, letture di classici e dibattiti che hanno avuto luogo nelle scorse edizioni di Biennale Democrazia sono adesso disponibili online.