Dallo Stato all’Unione europea: il cammino (difficile) della democrazia

«Le decisioni stanno emigrando dal tradizionale spazio della democrazia», affermava nel 2001 il sociologo e politologo Ralf Dahrendorf in un libro-intervista significativamente intitolato Dopo la democrazia (a cura di Antonio Polito, editore Laterza). Da allora il fenomeno è ancora più visibile: tra i «passaggi» che connotano il presente c’è senza dubbio il «trasferimento» di porzioni di sovranità dalla dimensione dello stato-nazione a quella dell’Unione europea (Ue). Anche dalla semplice lettura dei giornali è possibile accorgersi del fatto che le principali scelte politiche – come la legge annuale di bilancio – vengono ormai adottate nell’ambito di trattative condotte con le autorità comunitarie («Braccio di ferro sul deficit. Con la Ue un negoziato che vale 2,4 miliardi» è un titolo de Il Sole 24 Ore di domenica 12/10).

Non si tratta di un passaggio «indolore» per la democrazia. Oggettivamente, risulta più difficile per un cittadino comune, ancorché informato, riuscire a tenere dietro alle vicende politiche ad una scala diversa da quella dello stato-nazione. Ancora di più se, come nel caso della Ue, istituzioni e procedure non corrispondono al modello delle classiche democrazie nazionali con il loro gioco di rapporti fra parlamento e governo, maggioranze e opposizioni, partiti e altre organizzazioni di rappresentanza di interessi, leadership e opinioni pubbliche. La Ue continua ad essere per molti cittadini un «oggetto misterioso», e le ragioni per le quali «Bruxelles» possa e debba intervenire nella definizione della legge di bilancio italiana sono probabilmente oscure ai più.

Se le principali decisioni che riguardano la nostra vita sono avvolte quasi da una coltre di impenetrabile mistero, se le consuete parole della politica si trasformano in gergo da tecnocrati, la democrazia non può non soffrirne. Diventa quindi di vitale importanza rendere «trasparenti» le modalità di funzionamento della Ue, nel senso di renderle innanzitutto intellegibili. Per partecipare al gioco democratico bisogna, infatti, in primo luogo conoscerne e capirne le regole – impegnandosi magari successivamente per cambiarle. E se il gioco democratico, oggi, non si svolge più esclusivamente sul piano nazionale, ma europeo, ciò significa che «conoscere l’Ue» diventa la precondizione per poter esercitare a tutti gli effetti il proprio ruolo di cittadini democratici, in grado di formarsi un’opinione sulle cose e di scegliere se sostenere o piuttosto osteggiare gli indirizzi assunti dai responsabili politici.

La difficoltà di «abitare» lo spazio europeo come nuova dimensione prevalente in cui vengono assunte le decisioni sulla vita collettiva non deve essere sottovalutata, pena il diffondersi dei nuovi nazionalismi «anti-Ue» (vedi la recente analisi di Roberto D’Alimonte). Non solo: tale difficoltà non va sottovalutata soprattutto perché in essa si riflette, secondo un’opinione diffusa fra gli analisti, un deficit di democrazia iscritto nell’attuale assetto istituzionale comunitario, «essendo ancora l’Unione Europea –  scrive il teorico del diritto Luigi Ferrajoli – un ordinamento giuridicamente e politicamente amorfo, privo di entrambi i requisiti del costituzionalismo democratico: la rappresentatività politica delle fonti comunitarie, dalle quali proviene, direttamente o indirettamente, la maggior parte della legislazione dei paesi dell’Unione, e la subordinazione delle loro decisioni a controlli di validità chiaramente ancorati alla tutela dei diritti fondamentali».

Un impegno democratico oggi significa, dunque, innanzitutto informarsi e informare su ciò che accade «a Bruxelles», cercando di cogliere nella loro complessità i rapporti che legano governi e parlamenti nazionali alle istituzioni europee. Proprio questo può essere un momento favorevole per farlo. In questi giorni assistiamo, infatti, al completamento del passaggio di consegne fra le Commissioni Barroso e Juncker: esaurite le audizioni dei commissari designati, il nuovo «esecutivo» della Ue si sottoporrà il prossimo 22 ottobre al voto d’investitura del Parlamento eletto lo scorso maggio. E mentre si consuma l’avvicendamento delle Commissioni, con il dibattito fra «rigore» e «crescita» sullo sfondo entro il 15 ottobre i singoli stati sottopongono ai responsabili comunitari le proprie leggi di bilancio, discusse poi nelle settimane successive, secondo le regole di governance economica (il cosiddetto «Semestre europeo») introdotte negli ultimi anni. Vietato distrarsi.

PRENOTAZIONI UNIVERSITARIE
L'Università di Torino, in collaborazione con Biennale Democrazia, ha stipulato un accordo per consentire la partecipazione alla quarta edizione, istituendo per gli studenti dei propri corsi di studio dei percorsi riservati.
IL TEMA 2015
Il tema della quarta edizione di Biennale Democrazia – che si svolgerà a Torino dal 25 al 29 marzo 2015 - é Passaggi. Passaggi che possono fungere da collegamento fra due luoghi separati da un confine, un muro o una barriera - fisica, mentale o virtuale - ma che possono anche designare delle svolte, delle soglie al di là delle quali il mondo e la percezione che ne abbiamo muta, come accade per le fasi della vita degli individui o per le epoche storiche.
GIOVANI E SCUOLE
Anche quest'anno, Biennale Democrazia offre agli studenti del triennio delle scuole superiori la possibilità di partecipare agli incontri della manifestazione. E' possibile fare richiesta di prenotazione dal 9 marzo alle ore 12 del 16 marzo, inviando una mail al seguente indirizzo scuole.bd@comune.torino.it, indicando: il titolo degli incontri desiderati, la classe, l'istituto, i recapiti telefonici e e-mail dell'insegnante, totale dei partecipanti.
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