“Generazioni”, la lezione di Gustavo Zagrebelsky

Gustavo Zagrebelsky

Fotografia di Fabio Miglio

di Maria Teresa Giannini (Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino)

Quando il filosofo Remo Bodei ha pubblicato il suo libro “Generazioni”, non poteva immaginare  che il Presidente di Biennale Democrazia, Gustavo Zagrebelsky, avrebbe dedicato un intero appuntamento appositamente sui passaggi di generazioni.

“Esistere” non significa “vivere”

Il concetto che contiene un imperativo morale, quello di distinguere fra “esistenza” come  tempo vegetativo e conservatrice e “vita” vera. “Il concetto di vita contiene un fattore mortale e uno rigenerativo”, ha spiegato l’ex giudice costituzionale, avvertendo sulla necessità della “disobbedienza costruttiva” come segnale di vita delle nuove generazioni. “Konrad Lorenz rispondeva che la curiosità e la capacità di apprendimento distinguono gli animali dagli uomini. I figli troppo ligi e troppo ubbidienti, perciò, invece di piacere ai genitori dovrebbero preoccuparli”.

Quel conservatore di Platone

Secondo Zagrebelsky, la storia ha dimostrato come la società abbia superato quanto affermava Platone nella Repubblica a proposito della necessità, per uno Stato giusto, che i vecchi governassero e i giovani obbedissero, evitando di uscire dagli schemi.

La scomparsa della Sfinge

La modernità ha compiuto un salto eccessivo da un’epoca in cui il fulcro della società erano gli adulti e gli “anziani” saggi, forti della loro esperienza consolidata nel tempo, ad una in cui si esalta l’acerba giovinezza fine a se stessa. Perfino la categorizzazione delle tre età dell’uomo è messa in discussione: paragonando queste al ciclo solare, si potrebbe dire che oggi manca l’apogeo, quel mezzogiorno paragonabile all’età adulta. Sempre più persone tentano di ritardare il proprio tracollo fisico ricorrendo alla chirurgia estetica, ma quando arriva è la fine.

Il profitto padrone

L’economia globalizzata, basata non sulla cooperazione per il benessere ma solo sulla corsa a una produttività crescente (non solo nelle merci ma soprattutto nell’attività finanziaria), modella ormai il tempo della vita, trasformandola in un succedersi di stati febbrili e inviando alle persone un solo messaggio:  “Sei giovincello come consumatore ma vecchio come produttore”. L’equazione è quindi data e semplicistica: o sei produttivo, quindi giovane, o sei improduttivo.

Successo vs. Insuccesso

“Viviamo in un’epoca in cui lo sviluppo è aggrappato alla produttività, come in un patto col diavolo, e le singole vite legate al successo o all’insuccesso. Eppure la nostra epoca passa per essere quella del trionfo dei diritti. Ma sarà così? – si chiede Zagrebelsky – I diritti umani ufficialmente impediscono l’instaurarsi di una sorta di cannibalismo dell’economia sugli uomini, ma nei fatti no”.

La cieca fiducia nel progresso, come forza non regolabile, ci porta da Erbert Spencer (teorico del “darwinismo sociale”) a Jared Diamond, autore del saggio “Collasso”. “Coloro che promettono benefici omettendo i sacrifici non dicono il vero, ma adescano”, avverte il presidente di Biennale, richiamando il caso terribile dell’Isola di Pasqua, scoperta nel 1722 e nel giro di 250 anni ridotta alla rovina e all’antropofagia fra i suoi stessi abitanti.

Pensare alle generazioni future senza presunzione

“Io e te, caro amico, siamo stati posti dalla storia in un tempo in cui avrebbero voluto vivere i grandi legislatori del passato”, scriveva uno dei costituzionalisti degli Stati Uniti in una lettera a Thomas Jefferson. E in effetti, come commenta Zagrebelsky, la mancanza di una costituzione rigida in alcuni paesi risponde all’esigenza di non cristallizzare la visione del mondo delle vecchie generazioni (proprio a Jefferson si deve la massima “la terra è dei viventi”). 

La nostra costituzione risponde invece al principio latente di ereditare ciò che i grandi ci hanno tramandato, ma guai a cadere nell’immobilismo: le giovani civiltà, infatti, tendono ad affrancarsi dal peso delle vecchie generazioni, mentre quelle vecchie restano legate solo e soltanto a esse.

La dicotomia fra rinnovamento e speculazione sul passato spiega perché spesso energia e cultura sono inversamente proporzionali.

Già Thomas Mann metteva in guardia dai cosiddetti “cervelli fini”, coloro che dicono di averne viste di tutti i colori e soffrono la “nausea del conoscere”. “L’uomo moderno consuma smodatamente cultura, ma è sterile  – conclude Zagrebelsky –. Tutto ciò è abietto e indegno, non è vita, è morte. Ma la nuova generazione deve tirare fuori, con coraggio, la propria sete di vita”.

PRENOTAZIONI UNIVERSITARIE
L'Università di Torino, in collaborazione con Biennale Democrazia, ha stipulato un accordo per consentire la partecipazione alla quarta edizione, istituendo per gli studenti dei propri corsi di studio dei percorsi riservati.
IL TEMA 2015
Il tema della quarta edizione di Biennale Democrazia – che si svolgerà a Torino dal 25 al 29 marzo 2015 - é Passaggi. Passaggi che possono fungere da collegamento fra due luoghi separati da un confine, un muro o una barriera - fisica, mentale o virtuale - ma che possono anche designare delle svolte, delle soglie al di là delle quali il mondo e la percezione che ne abbiamo muta, come accade per le fasi della vita degli individui o per le epoche storiche.
GIOVANI E SCUOLE
Anche quest'anno, Biennale Democrazia offre agli studenti del triennio delle scuole superiori la possibilità di partecipare agli incontri della manifestazione. E' possibile fare richiesta di prenotazione dal 9 marzo alle ore 12 del 16 marzo, inviando una mail al seguente indirizzo scuole.bd@comune.torino.it, indicando: il titolo degli incontri desiderati, la classe, l'istituto, i recapiti telefonici e e-mail dell'insegnante, totale dei partecipanti.
ARCHIVIO MULTIMEDIALE
Oltre 200 ore di grandi lezioni, dialoghi, letture di classici e dibattiti che hanno avuto luogo nelle scorse edizioni di Biennale Democrazia sono adesso disponibili online.